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[Aggiornato]Chi osa deflorare i server Microsoft? Anonymous è.

Notizia dell’ultima ora: il famoso gruppo di hackers Anonymous avrebbe preso di mira, dopo il PSN, anche i server Microsoft. Non è ancora chiaro al momento se i server Xbox Live siano già stati attaccati. Dopo mesi di sfottò ai danni degli utenti Sony, dopo che il loro prezioso PSN gratuito era stato violato, i sonari potrebbero risponderci con una ricca risata accompagnata da dito medio. Il nostro amato Live, che credevamo più sicuro, potrebbe essere stato deflorato e migliaia di dati allegramente fottuti. Il condizionale è d’obbligo, non essendo ancora chiara la portata dell’attacco. Chiaramente sugli Anonymous preferisco non esprimermi, onde vedere il mio amato blog seviziato senza pietà. Io, nel dubbio, corro a spendere i Microsoft Points che mi avanzano….

 

Update:

A quanto pare, da recenti notizie, sono stati attaccati i server del Microsoft Store indiano. Inoltre sembra che i responsabili siano un gruppo di hacker cinesi e non Anonymous come precedentemente trapelato.

Il nostro amato Live quindi rimane ancora illibato, dandoci la possibilità di sfottere ancora i sonari sul loro fantastico PNS-Ciocciolina,  mantenendo la nostra relativa verginità.

La console perfetta

console perfettaIl mio amico nabbo si è deciso, comprerà una console. Cerco di dargli un punto di vista acuto e tento di essere il meno fazioso possibile, anche se il tipo è recettivo come un sordo davanti allo stereo; credo abbia già deciso su quale sarà la console di sua scelta e ho il sospetto mi stia facendo perdere solo tempo.Comunque. Sostengo che l’iperprotettività di Nintendo la si percepisce addirittura nei menu, nell’attenzione al limite dell’esasperazione verso il giocatore, nel cullarlo, nel trattarlo come un bravo bimbetto. La casa giapponese ha Zelda e Super Mario Galaxy, che te lo dico a fare? Ma non si può giocare ad vitam solo a una manciata di titoli no?

La Playstation guarda il videogamer come un bieco consumatore: tenta di proporgli qualsiasi cosa, anche di poco valore, e il bello che spesso ci riesce, soprattutto per il sonaro di provenienza italica, dove Sony fa ancora buoni numeri sul mercato, laddove nel resto del mondo sembra stia piano piano andando verso il tracollo. Sarà che da popolo calciomane e schedinofilo, l’italiano medio una volta saputo che totti gioca con la play… Però ha un’esclusiva imprescindibile secondo me, ed è Yakuza

Xbox punta tutto sulla competitività, sull’esasperazione del primeggiare, in questo dimostrando tutta la sua natura americana da super yankee-marine che spacca culi a destra e a manca senza soluzione di continuità; ma detiene il primato senz’ombra di dubbio sui servizi online, ha diverse killer-app capaci da sole di smuovere interi mercati (si veda Halo e Gears of War) e ora con il Kinect tenta di accaparrarsi anche quella fetta casual finora nelle salde mani di Nintendo.

Ma soprattutto, gli achievements, gli Obiettivi miei cari. Non ci sono cazzi, Microsoft è riuscita ad estendere l’esperienza di gioco (e di sicuro anche una parte di business ancora inesplorata, si veda qualche post fa) a livelli nerd mai visti; creando quasi uno standard, un punto di riferimento imprescindibile. Si veda l’introduzione assolutamente tardiva dei trofei sulle console sony e la futura implementazione di un sistema del genere sulla prossima Wii U  (ed escludendo i sistemi di punteggio sui sistemi iOS e Android).

La scelta per il mio amico dovrebbe essere assolutamente chiara a questo punto, ma alla fine di tutto sto pippone lui sceglierà Sony. Chiaro, è un fottuto tifoso di calcio, come ho anche solo creduto per un istante che la sua scelta sarebbe potuta essere differente?

Il significato degli Obiettivi ovvero il moderno hardcore gaming

hardcore gamer

Forte dell’esperienza di ascoltatore vorace, e mediamente molto interessato alla musica da sedicente musico, con l’avanzare del tempo ho maturato l’idea che su tutto ciò che tanto abbiamo disprezzato, criticato e mal sopportato degli anni 80, qualcosina ce la porteremo sempre e comunque dentro. Ebbene si, mi sono ritrovato fan dei Duran Duran e non riesco a vergognarmene. E il discorso non cambia se si parla di videogiochi.

Di sicuro, i gamers che professavano in quel tempo erano tecnicamente meglio preparati e i giochi molto più intransigenti (come il Dr Lingua ha già ricordato tempo fa). Rispetto al mercato milionario odierno era davvero ben poca cosa, ma i casual non esistevano, gli stormi di giovani ragazzini al gamestop in preda a catarsi pokemoniane neppure, e nostra madre non si sarebbe mai abbassata a comprare un dannatissimo wii fit. C’era un connubio solido tra videogame e hardcore-gamer, ovvero non esisteva videogiocatore che non fosse anche un dannato hardcore-gamer.

Esiste un metro su cui misurare la bravura di un giocatore? L’Obiettivo, l’achievement, è senz’ombra di dubbio un metodo quasi scientifico da cui trarre conclusioni interessanti. Avendo una natura variabile a seconda del tipo di attività esso voglia premiare, non è più detto che oggi un gioco possa essere difficile a tutto tondo come un qualsiasi shooter a scrollimento di due decadi fa. Un gioco oggi può essere letto trasversalmente in diversi modi, può garantire soddisfazione ai nabbi quanto ai più bravi. Esiste dunque una difficoltà paragonabile ai giochi anni 80?

Cosa sono gli Achievements? Riassumendo una fonte wiki, “è quel sistema che misura il numero di obiettivi accumulati da un utilizzatore di un account Xbox Live. Questi punteggi (in italiano chiamati “Obiettivi”) sono ottenuti vincendo determinate sfide, tipo battere un livello specifico o vincere contro giocatori collegati online”. Quello che oggi è possibile, grazie alle tecnologie attuali di gran lunga superiori alle macchine vendute negli ottanta, è un identikit del videogamer molto più ricco di sfaccettature e sfumature, e dare senz’altro un giudizio molto più democratico, che può far apparire un gamer in gamba anche quando in realtà proprio non lo è (si veda l’astrusa difficoltà di molti titoli per Kinect che non hanno nulla a che vedere con la concezione classica di videogioco…). Ma non solo; sempre grazie all’abnorme quantità di strapotenza che attualmente è possibile infondere per la creazione di un videogame, oggi esistono concetti un tempo praticamente inesistenti: il collezionabile, il matchmaking, i meta-games, la personalizzazione, il completismo.

Ed è proprio questa l’ossessione, la mania. Vincere partecipando a un gioco, visto dal punto di vista dell’Obiettivo, non significa nulla; completarlo è la vera soddisfazione, sbloccarlo al 100%. Ma siamo al collezionismo estremo o è pura e semplice follia da giocatore?

Entrano in gioco due fattori: il livello di difficoltà e la statistica. Il livello di difficoltà ottenibile non è più solo quello selezionabile a inizio partita, ma anche quello relativo al conseguimento del 100% degli obiettivi. Esistono giochi dal livello di difficolta in game relativamente basso che presentano difficoltà piuttosto elevate per l’ottenimento del 100% degli achievements (ad esempio, molti jrpg alla Final Fantasy sono piuttosto facili da giocare, ma il numero e la difficoltà degli obiettivi a volte è a dir poco frustrante), altri più facili o più difficili in entrambi gli aspetti parallelamente (come Ninja Gaiden II, difficile da giocare e altrettanto difficile da completare al 100%).  La statistica è l’inevitabile aspetto del “chi ce l’ha più lungo” conseguente; ovvero, colui che detiene il maggior numero di giochi vinti al 100% merita il massimo rispetto, tutti gli altri che arrancano o che peggio ancora se ne fregano dovrebbero sparire dallo scenario dell’hardcore gaming.

La realtà probabilmente dietro a tutto questo è un dibattito che riguarda il mercato e le nuove tecniche di vendita. Il mercato del genere videoludico ha assunto negli ultimi anni livelli di sofisticazione impensabili un tempo, grazie a internet e alle vendite online, si vedano contenuti a pagamento, DLC, ma anche veri e propri servizi aggiuntivi per aumentare l’esperienza di gioco a livelli stratosferici, l’online, i pass di ogni tipo e via dicendo. Oggi è possibile grazie alla digital delivery distribuire giochi completi a pagamento senza approdare allo “scaffale”; l’utente compra direttamente usando la propria console standosene spaparanzato sul divano di turno. Il profitto ottenibile da tutte queste attività è massimizzato all’inverosimile e questo ha comportato non solo all’allargamento del business delle grandi multinazionali del settore, ma inevitabilmente a dirottare la mentalità del gamer verso panorami molto complessi che hanno influenzato in un qualche modo anche il modo in cui si gioca e aumentato a dismisura gli appassionati. Meglio detto, si tende a giocare qualsiasi cosa, e a buttar dentro le nostre console un numero disumano di titoli. Dunque oggi più che mai è possibile individuare senza troppa difficoltà il casual dal giocatore seriamente intenzionato a videogiocare? E’ un salto di qualità che avvicina alla perfezione lo stato dell’arte del videogaming. E se volete, come Icaro già qualche secolo fa: si, ha commesso qualche erroruccio di valutazione ma in fondo, chi non ne fa?

Istruzioni su come rovinare un bel gioco

C’è stato un tempo nel quale si riusciva ad andare in edicola e comprare per pochi spiccioli una rivista, poi è arrivata la mania di aggiungerci, maggiorandone il prezzo, un gadget, poi delle videocassette, ora cd e qualunque cazzata si sia accumulata nei magazzini di chiunque. Nello stesso modo nei videogames viene ormai proposta la modalità online oppure le arene!

Si è sempre potuto acquistare un gioco online oppure scegliere di farsi gli affari propri ed affrontare una campagna offline, senza aver bisogno di appuntamenti, orari o di condividere per forza l’esperienza di gioco, ma questo tipo di libertà di scelta sta piano piano scemando, come poter finirne la trama ed averlo millato (di diritto)!

Fanno un gioco di circa 10 ore, ( perciò un pò cortino) e non hanno più voglia di sbattersi ad arricchirlo prima di farlo uscire? Non c’è problema… prendono i personaggi, li mettono in una delle mappe che già hai e poi lasciano che i giocatori li usino per inseguirsi e spararsi a vicenda… magari mettendo un paio di obiettivi come: uccidi millemila nemici oppure arriva al livello Terminator. Tutto questo non per forza in un gioco la cui trama lo permetta, ma magari come appendice ad una trama che si basava sulla “pesca sportiva”.Un esempio lampante è Assassin Creed Brotherhood, la cui modalità online, può o non può piacere (a me ha rotto le scatole dopo mezz’ora), è completamente fuori trama rispetto al brand, a questo punto perchè non anche qualche gara con le carrozze, stile need for speed?

Stessa cosa per le arene, ed in questo caso come non citare Batman Arkham Asylum: un gioco meraviglioso, ricco di trama e con una fantastica giocabilità, ma poi? Le Arene, schermate opprimenti con orde di nemici che ti attaccano e tu, povero idiota, devi sconfiggerli entro un determinato tempo oppure fare un astronomico punteggio… ma che bisogno c’era? Perchè? Vi stiamo sulle palle se vi compriamo i giochi ed allora dovete farcela pagare? (oltre ai 70 Euro che vi siete già beccati!) ( ahhh e la torre di Davil May Cry con 100 livelli?)

Non odio l’online, ed in questo ci sono giochi come COD che sono fatti apposta ; come se mi piacciono le arene mi compro un picchiaduro alla Tekken, ma non sopporto più che titoli che si acquistano per la trama e per un determinato stile di gioco ne nascondano poi all’interno altri che non c’entrano un ca##o! Ma avete visto nel nuovo Batman, Arkham City il numero di personaggi giocabili ed il numero di medaglie da conquistare nelle arene per millarlo? PAZZIA!!!

Vuoi per forza mettere un online perchè fa moda? Fai una semplice e modalità COOP, ci va tanto? Il gioco che avete fatto è bello ma un pò corto? Lavorateci ancora oppure fatelo uscire ad un prezzo adeguato!

Ti vengo a prendere! : interazioni sociali nell’era del Live.

Se sommiamo tutti i Call Of Duty usciti finora per 360, io ho accumulato circa 900 ore di gioco online. Chiunque si sia avvicinato a questo brand con un microfono, conosce bene le insidie che lo aspettano ad incontrare giocatori della propria nazione, soprattuto se si è mediamente bravi a sparare nel culo al prossimo.

Ed ecco che, grazie al gioco online, le liti, una volta possibili solo di persona, diventano un nuovo fenomeno culturale tutto da studiare.

Chiariamo subito che, in anni di Live, non mi è mai capitato di incontrare una categoria di persone più permalosa dell’italiano medio: basta un niente: una kill sdraiati, una kill con il coltello, una kill in salto, una kill con un arma da “nabbo” (categoria di armi di cui purtroppo non ho una lista) o, peggio del peggio, una kill con l’odiato lanciagranate (o lanciapuffi). Una di queste condizioni fa scattare immediatamente nel giocatore italico una sorta di carogna atomica. Si parte con gli urli e il classico “figlio di puttana” per poi spostare la propria attenzione sulle prestazioni sessuali della malcapitata madre dell’avversario. Guai a rispondere per le rime: più ci si sposta verso il tacco dello stivale è più una frase diventa presente nei nostri incubi di videogiocatori: “Dammi, l’indirizzo: ti vengo a prendere!”

Il bello di quest’ultima frase è che, trovandosi dall’altra parte di un microfono, viene pronunciata da chiunque: muscolosi e mingherlini, da nani e giganti, ma quel che è peggio, da vecchi di merda e bimbiminchia. Mentre ai bei tempi, quando ci si immischiava in una lite bisognava avere almeno alcune caratteristiche fisiche e soprattutto un età appropriata per far valere le proprie ragioni, oggi basta semplicemente un microfono e la voglia di dar fiato alla bocca. Ed ecco che nel mirabolante mondo del Live, puoi vederti mandare affanculo da un ragazzino di 13 anni con la voce da “Puffo Rognoso”, sentendoti anche chiedere delle condizioni intime di tua madre. Ricordo ancora che, ai miei tempi, una cosa del genere era assolutamente impensabile: semplicemente c’era la tacita regola che ai più grandi non si poteva dire la minima cosa, pena una valanga di mazzate istantanee.

Tolto lo spauracchio delle pedate nel culo il rischio è quello di trovarsi una futura generazione spavalda ma che non è nemmeno in grado di mettersi le mutande, oppure, ancora peggio, un cumulo persone che non è abituata a dare seguito alle proprie affermazioni, i cosiddetti “Cazzari”.

Ora: come tutti gli anziani, tendo sempre a dire: “Ai miei tempi era meglio”, ma è davvero così?